Quando si parla di arte africana, dinanzi agli occhi di chi non è particolarmente esperto in materia rimbalzano subito le immagini di statuette tribali e quadri di guerrieri, articoli che si trovano tanto spesso nei mercatini turistici ma nei quali non si esaurisce certo l’espressione artistica del continente. Oggi l’arte africana ha esponenti famosi a livello mondiale e in queste righe vorrei accennare a un fenomeno particolare a cui anche artisti africani, di rilievo internazionale e non, si sono avvicinati: i cosiddetti non fungible tokens (Nft, espressione più o meno traducibile come gettoni non intercambiabili), che indicano un modo per vendere opere d’arte tramite un sistema di blockchain. Più in particolare, si tratta di certificati che attestano l’autenticità, l’unicità e la proprietà di un oggetto digitale, registrati su un sistema di blockchain, ma senza possibilità – contrariamente invece a quanto avviene con le criptovalute – di essere scambiati tra loro.
Non c’è da stupirsi che in Africa gli artisti abbiano dimostrato di essere al passo con le più moderne innovazioni, non dimentichiamo che spesso l’Africa è più rapida rispetto alle reazioni del vecchio continente, forse anche per la sua demografia fatta di giovani.
Gli Nft hanno determinato un’importante innovazione nel mercato dell’arte, soprattutto nel suo assetto giuridico; c’è infatti una differenza sostanziale tra acquisto materiale e acquisto del diritto di proprietà dell’opera d’arte: chi acquista un’opera legata a un Nft non acquisisce l’opera in sé ma la possibilità di dimostrare un diritto sull’opera. Tutto questo è garantito attraverso uno smart contract, un protocollo informatico anch’esso registrato in un sistema di blockchain che quindi contrasta l’eventualità di acquistare il diritto di un falso. Quando parliamo di Nft possiamo ben affermare che si tratti di una nuova frontiera del trading online, per la verità apparsa già nel 2017, ma che soltanto negli ultimi mesi sta riscuotendo un successo più ampio, e quasi inevitabile era l’approdo nel fertilissimo territorio africano, già pioniere di altre innovazioni tecnologiche e dove il traffico online, forse per le carenti infrastrutture fisiche, ha sempre una marcia in più. A questo proposito mi piace ricordare che il primo mobile money nasce proprio in Africa, precisamente in Kenya nel 2007 da una joint venture tra Vodafone e Safaricom, esempio di come la information and communications technology (Ict) trovi grande risposta nel continente.
In verità, saranno almeno venti anni che artisti usano il web per lo scambio di opere digitali, correndo il rischio di plagio e riproduzione incontrollata e quindi una circolazione di massa di opere digitali, ma gli Nft prevengono e proteggono da questo fenomeno, spingendo sempre più artisti a ritenere questa pratica proficua. La loro popolarità ruggente ha sconcertato molti, ma la crescita esplosiva non mostra segni di attenuazione.
Quest’anno Christie’s ha organizzato la sua prima vendita Nft di un artista, Osinachi, chiaro segno che l’onda Nft si sta facendo strada in tutto il continente. Gli Nft sono stati oggetto di grande attenzione anche durante la fiera dell’arte tenutasi a Lagos, in Nigeria, nel novembre passato. La fiera ha scelto di organizzare una speciale vendita di Nft in collaborazione con il mercato dell’arte digitale, Superrare, mostrando artisti Nft come Youssef El Idrissi, Linda Dounia e Rendani Nemakhavhani provenienti da tutta l’Africa e dalla sua diaspora, come da Marocco, Giamaica, Sudafrica, Ghana, Rwanda, Senegal. Nel maggio 2021 il nigeriano Abdulrahman Yusuf vendeva i suoi lavori online tramite token non fungibili e secondo lui la modalità presenta una grande opportunità, dimostrata dall’aumento del numero di opere che può vendere a prezzi più alti.
Il fenomeno appare destinato a prendere sempre più piede in Africa e chissà che questa crescita esponenziale non sia una prova di come la nostra civiltà sta cambiando e di come le nuove generazioni vedono il futuro. Forse anche per questo fenomeni come gli Nft si affermano più rapidamente in territori come i continenti africano e indiano, dove la popolazione ha una demografia molto più giovane del giustamente chiamato vecchio continente. E ciò non può non indurre una riflessione su come avvicinare l’Africa del domani.
Rita Ricciardi
Contributo edito in Africaffari, L’ARTE AFRICANA ORA È TRENDY